Una giornata speciale

scritto da Alyce
Scritto Un mese fa • Pubblicato Un mese fa • Revisionato 26 giorni fa
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Autore del testo Alyce

Testo: Una giornata speciale
di Alyce

 

“Ci sentivamo fuori posto,

ma era normale per due che come noi

non potevano mai essere

al posto giusto nel momento giusto.

Eravamo controcorrente, gli emarginati.

Il Cappellaio e io eravamo fili distorti

In un arazzo perfetto.”

 

Il cappellaio era particolarmente inquieto quel giorno, sentiva come una fitta al cuore e una strana inquietudine, ma non riusciva proprio a capire da cosa potesse dipendere. Era agitato, talmente tanto che invece dello zucchero versò il sale nel tè e lo bevve anche.
Si aspettava che potesse succedere qualcosa da un momento all’altro, si aggiustò meglio il cappello sulla testa e strizzò forte gli occhi come era solito fare quando non era a suo agio. Poi si guardò intorno, attirato da uno strano vociare che si avvicinava.
Vide il Bianconiglio, suo amico di vecchia data, con una bellissima fanciulla, dai capelli biondi come il grano e dalle labbra rosse come le rose. Avrà avuto forse 17 anni, uno sguardo pulito e gli occhioni celesti sinceri e curiosi, un vestitino bianco e celeste molto delicato e una fascia nera che le raccoglieva i capelli. Appena la vide rimase incantato da quel suo incedere delicato ma armonioso, perché pensava di sapere bene chi fosse. Certo ora era un po’ più grande, ma non troppo, era sempre una bambina, la sua piccola Alice.
Dopo un primo momento di smarrimento, in cui non sapeva cosa fare, respirò profondamente e recuperò subito il suo savoir faire. Salutò i nuovi arrivati e volteggiando come suo solito si avvicinò ad Alice e le baciò con delicatezza e galanteria la mano. I suoi occhi luccicavano e sembravano voler entrare dentro l’animo e il cuore di lei. Seduto a capo tavola, proprio di fronte a lei, la guardava sorridendo e lei ricambiava con il suo dolce sorriso solare. Lo sguardo un po’ svampito e perennemente fra le nuvole di lui dinanzi a lei si illuminava e si allargava in un sorriso splendente, che non aveva mai visto eguali sul suo volto. Parlarono a lungo, lui voleva sapere tutto della vita della sua splendida creatura e lei era curiosa di sapere tutto ciò che era successo nel frattempo al suo misterioso personaggio preferito. Bevvero insieme del tè veramente buono, poi lui la invitò a fare una passeggiata. Con dolcezza le prese la mano e l’aiutò ad alzarsi, poi senza lasciargliela la condusse verso un sentiero alla fine del quale vi era una siepe a forma di cuore e in fondo un palazzo fantastico e enorme. 
Il Cappellaio la guardò e le sussurrò: “Sai Alice, il segreto è non odiare nessuno e non amare chiunque”. Lei sorrise, aveva ben inteso quello che il Cappellaio voleva intendere. Si sedettero su una panchina al lato del sentiero, dove una pianta di fiori si muoveva seguendo il ritmo del vento. I fiorellini, come presi da un improvviso entusiasmo ed emozione cominciarono a intonare una melodia dolcissima e sinuosa. Il Cappellaio si voltò verso Alice e la vide improvvisamente triste, perché sapeva che sarebbe tutto finito al suo risveglio. “Credi ancora che sia un sogno, non è vero?”. Lei rispose con una lacrima che le scendeva sul volto. Il Cappellaio allora la guardò negli occhi e le sussurrò “Sai Alice, buttarsi è pericoloso, ma restare immobili è letale”. Lei per un attimo chiuse gli occhi e quando li riaprì trovò lui che la guardava sorridente. Fece cenno di sì con la testa e si rifugiò nelle sue braccia. Il Cappellaio sorrise, mentre la teneva stretta a sé, poi si alzò e porgendole la mano le disse: “Vieni con me!!”. Alice lo seguì senza fiatare e dopo poca strada si ritrovarono davanti a uno splendido cespuglio di rose bianche. Il Cappellaio prese da dietro il cespuglio un pennello e un secchio con della vernice rossa, li porse ad Alice e la invitò a colorare le rose. Si divertirono molto durante questo gioco e non mancarono di schizzarsi anche un po’ e fra mille risate e giochi, finirono di pittare tutto il cespuglio. Si affacciarono allora due carte da gioco, che felicissime per il risultato ottenuto dai loro nuovi amici, li invitarono a giocare a croquet con loro. Il Cappellaio sorrise ma declinò l’invito e, porgendo la sua mano ad Alice, continuò con lei la sua passeggiata.
Mentre camminavano e si tenevano forte le mani, quasi che se non fosse stato così si sarebbero persi all’improvviso, su un ramo di un grande albero apparve un sorriso a forma di luna. Poi apparvero gli occhi furbetti e un po’ matti, la testa, la coda, il corpo, le zampe. Quando fu completo li guardò bene con occhio critico. Come suo solito parlò in modo vago ed enigmatico e, pur definendosi egli stesso pazzo, in modo arguto e sensato, suggerì ai due di non perseverare in quello che stavano facendo, altrimenti avrebbero patito grandi sofferenze per le lunghe assenze, concludendo che: “Siamo tutti vittime in attesa” e ricordando ai suoi interlocutori che: “Ogni avventura richiede un primo passo”.
Il Cappellaio e Alice si guardarono incoraggiati da questa frase ermetica, ma molto esplicativa: sembrava pronunciata proprio per loro, che con coraggio stavano affrontando un qualcosa di davvero inatteso e meraviglioso: la commistione di due mondi diversi, opposti forse, ma che adesso si erano incrociati per sempre.
Prima di sparire, si congedò facendo loro una fotografia e accompagnando il gesto di porgergliela con una delle sue frasi sagge, ma anche ricche di un po’ di scherno: “Ogni immagine racconta una storia. A volte non ci piace il finale. A volte non lo capiamo”. I due guardarono i loro volti felici e spensierati sulla foto e cercarono di trattenere una lacrima, quella lacrime che avrebbe reso vano il loro sogno, lo avrebbe fatto terminare per sempre.
Non era ancora tempo di arrendersi, avevano tanto da guardare e vivere ancora insieme. Alice lasciò la mano del Cappellaio e lo strinse forte a sé in un abbraccio che non voleva terminasse mai. Nascose il suo viso sulla spalla di lui, mentre il Cappellaio non potette fare a meno di baciarle la fronte. Il gatto li guardava e non capiva cosa li unisse così tanto, così quando Alice si staccò da lui, gli chiese “Perché?”. Il Cappellaio lo guardò, sorrise e rispose semplicemente: “Perché lei è bella e sarebbe bella anche se fosse brutta. Perché lei è mia, e sarebbe mia anche se fosse di un altro. Perché io e lei, anche lontani, siamo sempre noi”
Si asciugarono le lacrime e si guardarono, felici di essere insieme, grati per questi momenti da vivere insieme senza dover pensare a nient’altro, proprio a niente.
Continuarono a passeggiare, non pensando più all’indomani impossibile e cercando di godere di questi momenti insieme, pur essendo consapevoli che avrebbero avuto fine presto e forse davvero per sempre.
Lungo un viottolo che sfociava sul loro sentiero videro arrivare un piccolo corteo di carte da gioco che portavano su un seggio una donna paffuta, dalla pelle bianca e con una corona minuscola sulla sua ingombrante testa.
Il Cappellaio a bassissima voce spiegò ad Alice che quella era la Regina di cuori, che governava quel mondo. I suoi modi non erano così terribili come lei faceva apparire, ma era comunque meglio non contraddirla. Quando li vide, la Regina ordinò a entrambi di andare subito a giocare a croquet con lei. Alice non ne era affatto convinta, ma il Cappellaio per salvare la testa di entrambi, che in caso contrario la regina avrebbe fatto tagliare, accettò l’invito e cominciò a prendere le mazze per giocare, solo che le mazze erano vive e si muovevano!! Erano, in realtà dei fenicotteri rosa, che si spostavano o conducevano il gioco in modo da far vincere la Regina. Alice ne era piuttosto seccata, mentre il Cappellaio sembrava non farci caso. In realtà, in tempi lontani lui e la regina erano stati amanti, poi la storia era finita perché il Cappellaio, pur essendo innamorato, non sopportava più le sue angherie nei propri confronti e in quelli degli altri.
Sapeva, dunque, che, pur essendo passato molto tempo, la regina nutriva ancora un profondo astio nei suoi confronti. Ogni scusa, quindi, sarebbe stata buona per vendicarsi, figurarsi, poi, se l’avesse visto con una ragazza così bella come Alice.
La regina, in effetti, aveva osservato bene quei due sul sentiero e avendo individuato Alice come un possibile amore del Cappellaio, li aveva invitati a giocare proprio per provocarlo un po’. Fu una partita terribile, fra i fenicotteri che si muovevano immotivatamente e solo per favorire la Regina, temendola, il Cappellaio che non si avvicinava nemmeno alla palla e Alice che, poverina, era vittima dei fenicotteri e di tutti quei personaggi che favorivano la regina. Ad un certo punto i due stanchi chiesero congedo alla Regina, sostenendo che la loro fretta di andarsene era motivata dal fatto che Alice doveva tornare nel suo mondo.
Continuarono a percorrere la loro strada abbracciati ben stretti, saltellando a tratti, abbandonandosi a coccole innocenti in altre. Poi Alice notò qualcosa di strano, la vegetazione era cambiata, non c’erano più quelle piante dalle foglie larghissime che costeggiavano la strada. Adesso c’erano tanti funghi giganti intorno a loro e su uno di questi era seduto il Brucaliffo. Alice sorrise quando lo vide, era proprio lui, il Brucaliffo di cui aveva tanto sentito parlare. Era blu, di circa sette centimetri e fumava una narghilè. Era palesemente infastidito dai suoi nuovi ospiti. “Chi sei tu?” disse ad Alice, poi la guardò meglio la riconobbe e allora cambiò la domanda: “Cosa ci fai tu qui?”. Alice sorrise, pur temendo le parole di quel bruco saggio che ancora non si era trasformato in farfalla, poverino. Conosceva i suoi aforismi e sapeva quanta verità potessero contenere. Gli raccontò di essere venuta a trovare i suoi vecchi amici di questo strano mondo e lui le rispose: “Sei stata via troppo tempo, Alice. Ci sono faccende a cui potrebbe giovare la tua attenzione”. Alice rimase con il fiato sospeso, attonita per quelle parole, di cui non voleva conoscere la pur se chiara interpretazione. In quella giornata le erano successe cose così straordinarie da farle cominciare a credere sul serio che per lei non ci fossero cose impossibili. Poi guardò il Cappellaio e i loro occhi si riempirono di lacrime. “Prima che vada via, me lo offri un altro tè?”.
Si recarono così tristi ma mano nella mano verso la casa del Cappellaio, Alice si sedette al tavolo nel giardino e prese una tazzina di tè. Il Cappellaio aveva capito, ma non voleva svegliarsi da questo fantastico sogno. Risero e scherzarono come sempre, anche se il loro era un sorriso che palesava una profonda tristezza, ora.
E a un certo punto Alice cominciò a sollevarsi, sembrava essere sdraiata nell’aria con le gambe incrociate e la sua tazzina di tè ancora in mano. Era arrivato il momento, doveva tornare nella sua realtà:
“Mi penserai un attimo ogni tanto?”. “No, ti penserò tanto ogni attimo”

 

Una giornata speciale testo di Alyce
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